Leggo sul Carlino di oggi che la soprintendente a “non so cosa” di Bologna ha criticato l’iniziativa di cittadini e commercianti per la ripulitura dai graffiti di una delle più belle piazza di Bologna, Piazza Aldrovandi, ossia il salotto della citttà.
Cito:
«La pulitura di un palazzo sottoposto a tutela è un vero e proprio intervento di restauro» che «deve essere effettuato in concerto con la Soprintendenza e seguendo le ‘Linee guida per la pulitura di superfici interessate da vandalismo grafico’ pubblicate nel 2010». Ciò, onde evitare «che la toppa sia peggiore del buco», come accade a certi palazzi privati di via Zamboni, dominati da «quadrati di muro ricolorato in un contesto di tonalità più scure o linee di colore che si interrompono a mezza altezza».
È davvero difficile non abbandonarsi a istantanei accessi di contumelie. Ma ce la farò, e parlerò invece di Triarticolazione. E del fatto che è giunto il momento, anche attraverso iniziative come questa, di rimettere i poteri al loro posto. Certo, questo presuppone una concezione almeno tridimensionale della società, con la quale si possano distinguere differenze qualitative, e non solo quantitative, tra i tre principali arti sociali: potere culturale/spirituale (il singolo=liberté), potere giuridico/politico (la collettività=Egalité) e potere economico/monetario (il libero scambio di beni e merci=Fraternité).
Ma anche senza avercela, questa concezione, una cosa è certa: dove i singoli uomini si associano liberamente, ciò che nasce è sempre migliore di ciò che arriva per diktat da una struttura burocratica obsolescente, anacronistica, gerontocentrica e scolalta dal vero, come può essere una soprintendenza a “non so cosa”.
I cittadini che hanno preso in mano i pennelli (anzi le pennellesse) sono senza dubbio la pezza, ,ma il buco, cara, anzi egregia signora soprintendente, è lei, lei che ha perso due grandi occasioni: tacere e farsi promotrice per prima di iniziative come questa, svolgendo magari un prezioso lavoro di armonizzazione tra le parti civili in causa, non venendo meno al suo “Ufficio”, ma anzi valorizzandolo ulteriormente. Spiace constatare che anni di frequentazioni del bello in tutte le sue forme, non abbiano stimolato in lei una fervida fantasia moral-burocratica, capace di aggirare le pastoie burocratiche nelle quali, invece, pare lei sguazzi bene, e con le quali bacchetta persone che come lei, e più di lei, sono stanche di assistere impotenti al degrado del luogo in cui viviamo. Pingeamus igitur!